Unitedseparable by Minimal Path
Intervista a Gabriella Gazianetti, fondatrice di unitedseparable by Minimal Path, un brand che ha a cuore la sostenibilità e la tracciabilità
Chi sei? Raccontaci un po’ di te …
Ho iniziato la mia carriera in un settore molto tecnico e analitico, lavorando con numeri, processi strutturati e metodologie di ottimizzazione. Nel tempo, ho sviluppato un approccio ai progetti orientato all’innovazione e alla ricerca di soluzioni efficaci e sono rimasta affascinata dai concetti di scomposizione e modularità come strumenti per analizzare la complessità: immaginare fin da subito le possibili evoluzioni e le trasformazioni di utilizzo di un prodotto o di un sistema diventa anche una chiave di lettura della realtà. Qualche anno fa mi sono chiesta se questi principi potessero essere applicati in modo rigoroso a un abito femminile, incrementandone il riuso e la trasformabilità. Questo mi ha portata a esplorare la modularità applicata all’abbigliamento, attraversando i concetti di economia circolare ed ecodesign, e approfondendo lo studio delle tematiche legate alla tracciabilità dei materiali.
Come mai hai aperto un tuo brand: unitedseparable by Minimal Path? E che mission ha?
Minimal Path è una piccola realtà nata nel 2019 con l’obiettivo di sviluppare un percorso di ricerca e sviluppo sul design modulare e sulla sostenibilità applicata alla moda. Dopo una fase di studio e sperimentazione del concetto di modularità per l’abito femminile, abbiamo perfezionato una piccola collezione di abiti divisibili e capi tradizionali con il marchio unitedseparable.
Il nostro obiettivo è quello di definire un sistema di abbigliamento intercambiabile nel tempo e ampliabile con nuovi elementi che possano essere abbinati tra loro e con i precedenti. Su questa piccola collezione, abbiamo definito e testato una serie di indicatori per valutare la fattibilità del nostro approccio in relazione all’impatto ESG, seguendo le linee guida delle direttive europee. La finalità è duplice: da un lato, sviluppare indicatori che permettano di stimare l’impatto e offrire uno strumento strategico per l’evoluzione della collezione unitedseparable; dall’altro, condividere il metodo con altre realtà, rendendo la sostenibilità e la trasparenza accessibili, misurabili e applicabili. In questo modo, forniamo soluzioni concrete e adattabili, pensate per essere subito applicabili e testabili sul campo.
Cosa significa per te sostenibilità oggi?
La sostenibilità per me non è un concetto astratto, ma un impegno personale e concreto, applicato e misurato nella quotidianità, che va oltre le normative e le tendenze.
In ambito professionale, significa considerare l’intero ciclo di vita di un prodotto e il suo impatto sul pianeta e sulle comunità: dalle fonti delle materie prime fino a cosa accade quando non viene più utilizzato.
La sostenibilità non è un traguardo, ma un processo in continua evoluzione. Le innovazioni tecnologiche dei materiali e dei macchinari, la crescente disponibilità di dati e il miglioramento degli strumenti di analisi ci consentono di aggiornare e affinare costantemente gli indicatori e le valutazioni. Questo rende la sostenibilità un continuo lavoro di ottimizzazione, un miglioramento progressivo e consapevole, orientato a ridurre e, dove possibile, annullare gli impatti.
Qual è il tuo tessuto Canclini 1925 preferito? E perché?
Abbiamo avuto modo di lavorare con diversi tessuti Canclini 1925 e due in particolare hanno avuto un ruolo significativo nel nostro percorso: il cotone biologico e il cotone melton.
Il cotone biologico è stato scelto sia per la collezione sia per un case study sull’impatto della filiera a monte. La sua coltivazione senza l’uso di pesticidi ha un minore impatto ambientale rispetto al cotone tradizionale, rendendolo una scelta più responsabile. Grazie al supporto di Canclini, abbiamo tracciato una macro-stima degli impatti (emissioni di CO2, consumi idrici ed energetici) lungo l’intera filiera. L’obiettivo non era quello di raggiungere la precisione dei numeri, ma di acquisire consapevolezza della complessità della raccolta dati in una filiera lunga e articolata e di avere riferimenti numerici concreti sui quali costruire un’ipotesi di stima degli impatti validi per altri materiali tessili.
Il cotone Melton, invece, ci ha colpiti per la sua resistenza e la facilità di manutenzione. Lo abbiamo utilizzato per realizzare abiti modulari, gonne ed accessori. La sua struttura compatta lo rende un’ottima alternativa alla lana, con il vantaggio di essere più semplice da gestire nella cura quotidiana. Rispetto alle fibre di origine animale, richiede meno accortezza nel lavaggio e nella manutenzione, riducendo così l’impatto ambientale nella fase di utilizzo del capo.
Entrambi i tessuti rappresentano due facce complementari del nostro lavoro: il primo, con una forte attenzione alla sostenibilità della filiera a monte, e il secondo, con un approccio pratico che migliora la durabilità e la facilità d’uso per chi indossa il capo, sulla filiera a valle del prodotto.
Hai collaborato con start-up e università. In che modo?
Nelle mie esperienze di lavoro in R&D ho collaborato con diverse università, un passaggio indispensabile per consolidare la correttezza e il rigore delle scelte di progetto e garantire la conformità agli standard. Anche per gli indicatori proprietari che abbiamo identificato, ritengo importante una verifica con esperti accademici, al fine di validare il nostro framework e trasformarlo in uno strumento condiviso e utile per altre realtà del settore. Vorrei infatti che questo metodo potesse essere un supporto concreto per realtà emergenti e PMI, aiutandole ad affrontare in modo graduale e consapevole le tematiche legate alle normative europee, senza che il percorso di sostenibilità si riduca a un mero adempimento per ottenere una certificazione. L’approccio che stiamo sviluppando punta a fornire strumenti chiari e semplici per integrare progressivamente le tematiche ESG nel proprio business in modo strategico e sostenibile nel tempo.
Cosa ne pensi del sistema moda odierno e come secondo te può migliorare?
Mi sono avvicinata a questo mondo con curiosità e rispetto, consapevole della sua complessità. Grazie alla disponibilità di Canclini, ho avuto l’opportunità di osservare da vicino i processi produttivi e le dinamiche della filiera tessile, e ho trovato un settore straordinariamente ricco di competenze e tradizione, con sfide da affrontare, soprattutto in termini di flessibilità e sostenibilità.
Credo che il cambiamento debba necessariamente passare attraverso l’evoluzione di alcuni modelli di business, per favorire un cambiamento culturale che porti, come naturale conseguenza, una maggiore consapevolezza nell’uso più attento e responsabile dei materiali e nella valorizzazione della qualità dei prodotti. C’è già molta attenzione verso queste tematiche e penso che, con un approccio graduale e innovativo, il settore del tessile-moda italiano possa evolversi senza perdere il suo valore artigianale e industriale.
Sei una donna molto elegante: qual è il tuo outfit preferito!?
Non so se posso definirmi elegante: cerco sempre di scegliere outfit semplici, che abbiano un significato di pacatezza, classicità e understatement, con qualche inevitabile accenno agli anni ’60. Questo stile mi permette di esprimere la mia personalità in modo autentico e coerente. Mi piace un’estetica essenziale, fatta di pochi elementi ben realizzati e versatili, che possano essere reinterpretati in modi diversi a seconda dell’occasione, consentendo di creare look diversi senza dover ricorrere a un guardaroba troppo ampio.
Mi piace sperimentare con gli abbinamenti, rimanendo sempre fedele a uno stile essenziale. Prediligo capi con una bella mano, che nel tempo acquistano carattere, e spesso gioco con texture e combinazioni di materiali. Mi piace anche mixare pezzi che già possiedo con nuovi elementi, creando contrasti equilibrati tra passato e presente.
Credo profondamente che la qualità dei tessuti sia alla base di un approccio più sostenibile: un capo ben fatto dura a lungo e conserva la sua bellezza nel tempo. In fondo, la moda è anche questo: reinterpretare con consapevolezza, trovando sempre nuovi modi per valorizzare ciò che ci accompagna.
Casual moment: c’è un luogo, un’atmosfera o un’abitudine che ha influenzato il tuo gusto e il tuo modo di vestire?
Amo il Lago Maggiore, e sicuramente le sue atmosfere hanno influenzato il mio modo di vedere e sentire. È un luogo fatto di colori tenui e di una bellezza discreta, con brezze leggere e un equilibrio che non cerca mai l’eccesso. Ma ci sono anche momenti intensi, con contrasti forti: dal bianco delle montagne che si tingono di viola al tramonto, ai riflessi sull’acqua, con il Rosa che primeggia. Nel mio modo di avvicinarmi ai progetti ritrovo questo stesso equilibrio, che ha guidato anche la sperimentazione nel settore tessile-moda, con la realizzazione di una piccola collezione prototipale di capi semplici ma curati, materiali eleganti senza ostentazione e combinazioni sobrie, capaci però di accogliere accenti più vivaci, quando lo si desidera, senza forzature.